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STRATEGIA DI FONDO

ORGANISMI DI MASSA

 

INTRODUZIONE

Gli organismi di massa sono diversi dalle organizzazioni politiche comuniste-anarchiche perché hanno basi diverse e funzionamenti diversi: essi non hanno la chiarezza sul fine da raggiungere che può avere un'organizzazione politica; però sappiamo che potenzialmente hanno un fine identico a quello dell'organizzazione politica e, più precisamente, la storia dimostra che questo fine (il comunismo anarchico) è prodotto da un certo tipo di pratica e di coscienza degli organismi di massa. Questi fattori si basano sui due principi dell'autogestione sociale nella lotta e nella costruzione, e della difesa egualitaria e intransigente di chi lavora per la società.

Entrambi questi principi sono logici, tanto da sembrare automatici; ma la storia ha dimostrato che le classi dominanti hanno sempre agito -soggettivamente ed oggettivamente- in modo tale da rendere questa logica spezzettata e facile a soffocarsi.

Da questo, la necessità di una grande chiarezza politica che dovrebbe essere messa a disposizione dei bisogni reali dei proletari facenti parte degli organismi di massa.

D'altra parte, la storia ha anche dimostrato che il disegno e la logica rivoluzionari non si realizzano affatto se non vengono realizzati dalle masse dei proletari che, in quanto tali, si scoprono rivoluzionari con la pratica degli organismi di massa e decidono quindi di realizzare una pratica rivoluzionaria.

Di conseguenza, la rivoluzione comunista anarchica si compirà a misura che gli organismi di massa imboccheranno quella logica rivoluzionaria che non è una loro necessaria prerogativa, ma che, nello stesso tempo, è loro congenita, naturale e la più coerente storicamente.

NO ALL'ECONOMICISMO

Il primo ostacolo da spazzare è quel tipo di concezioni e pratiche che, a priori, chiudono gli organismi di massa nella sfera puramente rivendicativa. Questo ostacolo può assumere il colore dell'interclassismo e del leninismo.

Per l'interclassismo, gli organismi di massa devono riconoscere lo Stato come ente al di sopra delle parti e rappresentante di tutto il popolo, vera essenza delle categorie -puramente economiche- che distinguono cittadino da cittadino, solo per quel che riguarda delle necessarie differenze dei ruoli nell'economia. Differenze che però non alterano la identicità dello stato politico di ognuno.

Questo vuol dire che gli organismi di massa sono organismi per la difesa economica di qualsiasi categoria di cittadini. Difesa economica che può diventare partecipazione ai piani economici della società, senza però alterare le decisioni e le compatibilità sancite dallo Stato. 

I lavoratori ed i proletari tutti non possono quindi che difendersi economicamente senza però intaccare il sistema economico vigente, né arrivare a svolgere pratiche politiche che alterino la politica dello Stato. Di conseguenza, questo tipo di sindacati viene escluso da qualsiasi scelta politica, con il paravento della apoliticità di un normale gioco economico di interessi. Di fatto, questo comporta la implicita accettazione. Gli esempi più chiari di questa concezione degli organismi di massa sono costituiti da sindacati ispirati da forze politiche legate alle classi dominanti, nei paesi retti da regimi capitalistici classici.

Le teorie politiche che si rifanno al leninismo non concepiscono l'esistenza di organismi di massa che non siano esplicitamente politici; il che sembra l'esatto opposto dell'interclassismo. Infatti queste teorie non solo impongono la politica agli organismi di massa, ma soprattutto la politica della classe dominante o del suo partito. Per il leninismo, quando è al potere, il partito è il rappresentante più avanzato del proletariato e deve esercitare la dittatura attraverso lo Stato, che a differenza dell'interclassismo, non rappresenta i cittadini solo nella loro essenza politica, ma nella loro posizione sociale complessiva, cioè economica e politica insieme. Però, analogamente all'interclassismo, lo Stato leninista rappresenta i componenti della società astraendone un'essenza che è loro, ma, in quanto astratta, li sovrasta. Questo vuol dire che il lavoratore, sindacalmente, è libero a condizione di conformare le sue lotte sindacali ad una politica che non lo censura "a posteriori" (interclassismo), ma "a priori".

La caratteristica che ne deriva è che le masse possono far politica solo nell'organizzazione politica e negli organismi di massa devono seguire questa politica.(In un altro documento della Strategia di Fondo abbiamo definito questa caratteristica con il termine di "tradeunionismo").

Come si vede, si ricade di fatto nella situazione derivata dalle teorie interclassiste. Esempi chiari in proposito sono costituiti dai sindacati imposti dalle classi dominanti di quei regimi nati da una rivoluzione socialista autoritaria. Quando invece il leninismo non è al potere, cambia la forma ma non la sostanza. Il proletariato agisce negli organismi di massa, accettando a priori la politica del partito, con la differenza che l'autorità del partito non è sancita dallo Stato. Interclassismo e leninismo determinano pratiche sindacali che convergono su un punto fondamentale: il destino degli organismi di massa viene stabilito al di fuori di essi ed imposto ad essi se necessario. Questo permette, tra l'altro, che regimi ibridi (populisti, fascisti, ecc.) basati su un modello sociale autoritario e gerarchico, possano mescolare l'una e l'altra pratica in varie forme ed articolazioni a seconda delle necessità dello sfruttamento.

Il risultato è l'economicismo. Una forzatura agli interessi storici dei proletari, costretti ad interessarsi autonomamente solo dell'economia. Ma poiché è assurdo che una persona si interessi dei soldi che riceve senza interessarsi autonomamente anche del perché e del per come essi esistono e vengono retribuiti, dietro l'economicismo c'è l'imposizione esplicita o implicita di una politica. Questo fatto, a sua volta, rende assurda, limitandola politicamente, qualsiasi autonomia anche nei solo interessi economici. Il cerchio si chiude: l'economia, separata a forza dalla politica, vuol dire asservimento politico e determina asservimento economico.

LA NOSTRA PROSPETTIVA

Gli organismi di massa proletari sono e saranno una grossa realtà storica che non possiamo negare. Essi sono diversi dall'organizzazione politica. Non dobbiamo negare questa diversità, relegarli al ruolo di organismi rivoluzionari di seconda classe e cercare di sottometterli a noi. Non dobbiamo neanche degradare noi stessi alla seconda classe, sottomettendoci agli organismi di massa. Noi siamo nella prospettiva strategica di una dialettica continua, che sia un reale interscambio e non un travaso a senso unico, con gli organismi di massa proletari. Condizione prima -necessaria ma non sufficiente- perché ci sia questo interscambio- è l'autonomia reale dei due termini.

Per quanto riguarda gli organismi di massa, vuol dire che essi devono esprimere autonomamente gli interessi e la coscienza dei proletari che li compongono, cioè essere basati sull'autogestione da parte dei loro componenti naturali. Nel processo della rivoluzione comunista anarchica, bisogna che gli organismi di massa crescano operativamente e politicamente per dare alle masse la possibilità di esprimere quella forza e quella coscienza necessarie alla vita stessa del processo rivoluzionario comunista anarchico. Bisogna anche che gli organismi di massa siano sempre più capaci di valutare politicamente le proprie azioni e le prospettive che esse aprono. Se si verificano queste condizioni, noi potremo svolgere i nostri compiti politici proponendo agli organismi di massa coscienza politica e ricevendo dagli stessi conferme o smentite reali e non dottrinarie. Queste infatti sono le condizioni perché le masse si diano la possibilità di valutare la coscienza delle passate esperienze rivoluzionarie, produrne una più avanzata e realizzarla con tutte le forze disponibili. Fin d'ora emerge la problematica fondamentale del doppio aspetto degli organismi di massa: da una parte autonomia totale nelle esperienze di lotta e nella loro valutazione, d'altra parte necessità oggettiva di valutare ogni cosa nell'ambito delle esperienze storiche delle masse. Nessuno di questi due termini della questione può essere soppresso.

ERRORI DA NON COMMETTERE

Molti compagni ed organizzazioni hanno commesso e commettono degli errori grossi rispetto agli organismi di massa, pur essendo in un'ottica sinceramente libertaria e rivoluzionaria. Possiamo dividere questi errori in due tipi fondamentali. Il primo lo chiameremo dello "spontaneismo", il secondo dell'"ideologismo". Il primo tipo di errori comprende quelle concezioni per cui gli organismi di massa hanno la capacità automatica di sostenere per intero il processo rivoluzionario. La base è che le stesse contraddizioni capitalistiche di una data epoca possono innescare un processo di lotta capace di crearsi le stesse basi politiche su cui procedere alla rivoluzione sociale; come a dire che è sufficiente estremizzare la lotta proletaria per la difesa sindacale per procedere su una strada rivoluzionaria. Un atto contro un padrone non è la stessa cosa di un programma organico e complessivo contro i padroni. Un qualsiasi proletario che si difende o attacca, o ritorce la sua rabbia contro il suo sfruttatore con un'azione singola, non è automaticamente cosciente che questo atto debba essere inserito in un programma organico e complessivo. Un atto non si basa necessariamente su un programma, né fa nascere necessariamente un programma.
Un programma di lotta sindacale non è a sua volta un programma rivoluzionario libertario. E' ancor più difficile infatti che un insieme di atti sindacali organizzati corrisponda ad un programma cosciente per attuare la rivoluzione sociale libertaria. La storia ha dimostrato chiaramente questi punti: chi ha pensato che un sindacato avesse tendenze naturalmente anarchiche e rivoluzionarie, ha subito cocenti delusioni.

Storicamente, anche la predicazione continua dell'azione diretta e dell'autogestione all'interno dei sindacati è venuta meno ai suoi scopi rivoluzionari quando questi termini, ridotti a puro metodo sindacale, avendo perso i loro contenuti alternativi e libertari, si sono infranti contro proposte di lotta sorrette da programmi politici organici, oppure contro il fatto puro e semplice che le classi dominanti hanno ben saputo appropriarsi di ormai vuote metodologie che si riducevano spesso a estremismo puro. Questo crollo ha, in seguito trascinato gli stessi metodi libertari, che spesso sono apparsi delle cose belle senza però un aggancio storico pratico e delle prospettive generali. D'altra parte c'è il secondo tipo di errori che si pone all'opposto, affermando che solo gli anarchici possono lottare da proletari rivoluzionari e che quindi l'unico sindacato corretto non può essere formato che da gente cosciente fino all'ultimo della rivoluzione sociale libertaria.

Questa concezione genera posizioni isolazioniste e di sterile avanguardismo. L'isolamento deriva dal fatto puro e semplice che non si è mai verificato che i proletari, per muoversi contro il capitale indebolendolo, attaccandolo e, a volte, proponendo un'alternativa libertaria, siano prima diventati tutti comunisti anarchici. Aspettare quindi questa situazione, vuol dire condannarsi al più nero isolamento. Chiaramente così si sfocia inevitabilmente in posizioni di avanguardismo: reazione logica di chi si è procurato l'isolamento dalle masse, pretendendo di plasmarle a sua immagine e somiglianza. Non è un caso che lo "spontaneismo" e "l'ideologismo", pur proclamando un enorme interessamento per gli organismi di massa, arrivino entrambi ad impedirne la vita, a forzarli in ruoli imposti dall'esterno. Lo spontaneismo pretende infatti che manifestazioni e fatti fondamentali per il processo rivoluzionario, cioè naturalmente connessi al problema della rivoluzione, siano di per sé rivoluzionari. L'ideologismo invece pretende che questi fatti e manifestazioni si proclamino rivoluzionari prima che ne verifichino autonomamente la necessità, gradualmente nella pratica. Lo spontaneismo impedisce che venga affrontato seriamente il problema del consolidamento della coscienza rivoluzionaria degli organismi di massa. L'ideologismo impedisce che gli organismi di massa possano svolgere quell'opera di unione dei proletari in quanto sfruttati e di loro crescita graduale sul terreno della lotta, che è necessaria per una transizione comunista anarchica.

PER UN PUNTO DI VISTA CORRETTO

Non si può negare la necessità storica fondamentale degli organismi di massa per la rivoluzione sociale libertaria, né si possono negare i rischi connessi alla lotta di massa. 
La condizione dell'autonomia degli organismi di massa garantisce sì la possibilità che le masse realizzino in prima persona, cioè nell'unico modo possibile, la rivoluzione comunista anarchica, ma, d'altra parte, rende possibile che la rivoluzione subisca serie sconfitte.

Questa situazione non è esorcizzabile: la sua forza è la sua debolezza. I dibattiti affrontati dal movimento anarchico in proposito sono stati ricchi, spesso violenti e soprattutto aperti. La soluzione, infatti, non può essere prodotta soltanto o soprattutto dal movimento dei militanti politici. Di questo dobbiamo essere perfettamente coscienti. Ogni volta che viene assodata la necessità di un'organizzazione libertaria delle masse, che faccia nascere dalla realtà dello sfruttamento e dagli sfruttati il processo rivoluzionario pratico, ci si trova davanti al fatto, sempre più dimostrato dalla storia, che la logica sindacale non è necessariamente rivoluzionaria. Molti compagni hanno cercato di dimostrare che il sindacato è di per sé riformista o di per sé rivoluzionario.

Moltissimi compagni pensano che la soluzione corretta sia in una di queste due conclusioni teoriche. Noi pensiamo che sia profondamente errato accettare questa logica: astrarre cioè dei rischi, delle possibilità, delle tendenze possibili e farle diventare delle categorie rigide. Così si ricade facilmente nello smarrimento, nello spontaneismo o nell'ideologismo. Cerchiamo di essere lucidi e di saper accettare dei fatti complessi e non categorici così come sono. Basiamoci quindi sulle certezze.

Su esse dobbiamo costruire per quello che ci compete, pronti a nuove e più avanzate verifiche.

LE CERTEZZE SU CUI COSTRUIRE

Gli organismi di massa, a differenza delle organizzazioni politiche, non si basano su una coscienza acquisita o da perseguire esplicitamente, ma su basi materiali immediate ed oggettive che suscitano bisogni fisici innegabili. Di conseguenza, i componenti degli organismi di massa vivono la situazione per cui si organizzano. Il loro ruolo economico è la base per cui possono riunirsi e, dato che è un ruolo di sfruttamento che genera ogni sorta di bisogni insoddisfatti (alienazioni), si riuniscono per soddisfare nel migliore dei modi questi bisogni. Questa base di appartenenza è il dato di partenza, cioè la base dell'autonomia di classe degli organismi di massa; ma, per vivere, quest'autonomia deve essere proiettata nell'azione e nelle possibilità reali di questi organismi. I campi sono due volendoli dividere: la lotta economica e la crescita politica.

La lotta economica riguarda tutte le azioni tese a rivendicare migliori condizioni materiali per i lavoratori ed a gestire, dopo la distruzione del potere centrale, l'apparato economico. La crescita politica serve a dare coscienza ai lavoratori, attraverso la lotta economica, della lotta di classe, della possibilità e della necessità della rivoluzione sociale e, in seguito, a renderli capaci di costruire coscientemente la nuova società.

A ben vedere, lotta economica e crescita politica sono talmente connesse che, dopo i primi atti di difesa economica che nascono dalla necessità stessa della realtà concreta unita ad un minimo di volontà di difendersi, possono sostenersi e sospingersi a vicenda. L'autonomia gioca un ruolo fondamentale, dal momento che i lavoratori devono poter sviluppare una visione chiara di quanto lo sfruttamento sia basilare per la dominazione sociale e devono poter sviluppare liberamente quelle necessità di uguaglianza e di cambiamento radicale che appaiono come unica soluzione definitiva allo sfruttamento. E' inutile che gli sfruttati si riuniscano in quanto tali, se poi non c'è la possibilità di sviluppare fino in fondo la lotta allo sfruttamento: lotta cioè per l'eliminazione dei rapporti sociali di sfruttamento. Le classi dominanti, se accettano la riunione per la difesa sindacale, non accettano poi il fatto che questa lotta maturi fino all'eliminazione delle cause stesse della difesa sindacale.

L'autonomia è un metodo ed un contenuto nello stesso tempo. Metodo perché serve a generare contenuti autonomi di classe, contenuto perché è il prodotto costante delle elaborazioni fatte dai lavoratori in prima persona. Bisogna proprio dire che l'autonomia è la base necessaria per lo sviluppo rivoluzionario degli organismi di massa, per l'abolizione dello sfruttamento e la costruzione dei rapporti sociali egualitari. Molti compagni e molte organizzazioni hanno cercato e cercano di definire l'autonomia degli organismi di massa in termini di puro metodo o di puri contenuti. Così facendo, nel primo caso, non si spiega la ragione per cui i metodi dell'autonomia siano necessari e fondamentali per la rivoluzione nella lotta di massa e chi lo scorda va spesso a far decadere questo concetto al rango di puro estremismo. Nel secondo dei casi invece, si salta a piè pari il problema della coerenza fra mezzi e fini e si finisce nello strumentalizzare la lotta di massa per programmi autoritari, impedendo che atti autonomi dei lavoratori costruiscano il programma autonomo dei lavoratori. Quest'ultimo infatti è lo scopo principale da un punto di vista comunista anarchico. L'autonomia non è un contenuto legato ad una determinata serie di obiettivi specifici, ma è il significato storico dell'azione rivoluzionaria dei lavoratori. Il significato dell'autonomia degli organismi di massa è che le masse possono arrivare a costruire un programma rivoluzionario solo se hanno la libertà completa di realizzare, scegliere e valutare in prima persona e senza imposizioni estranee, gli obiettivi di lotta. In un sistema di dominazione sociale, questa libertà significa che gli unici ostacoli all'azione delle masse devono apparire ed essere affrontati dalle masse stesse come fattori conflittuali, come armi del nemico di classe, come prodotti della società di classe. E' estremamente pericoloso che prenda piede la logica di chi capisce più degli altri e riesce ad imporre di rinunciare ad una lotta o ad una certa valutazione, adducendo motivi che la larga maggioranza delle masse non riesce a comprendere. Questa strada introduce il regno delle compatibilità "oggettive" che dovrebbero essere rispettate non perché non ci sono la volontà e la chiarezza necessarie ad abbatterle, ma per ragioni astruse e contorte. Deve essere sempre chiaro che la strada dell'emancipazione sociale è costellata di ostacoli e non di sofismi, e che gli ostacoli o si abbattono o ti bloccano. 

Su questa strada dell'autonomia possono nascere dei programmi autonomi. Di conseguenza, gli organismi di massa devono avere la capacità di formare i propri obiettivi ed i relativi metodi di lotta basandosi sui bisogni, sulle necessità e sulla coscienza dei loro componenti naturali; ed inoltre devono poter fare le valutazioni di qualsiasi azione basandosi sugli stessi criteri.

Storicamente, quando si sono formate le linee principali del comunismo anarchico, è stato perché c'erano organismi di massa proletari con questa possibilità di funzionamento.

Funzionamento che, a sua volta, può dare ai proletari la coscienza di essere l'unica classe portatrice dei germi della rivoluzione sociale.

L'autonomia è quindi fattore di libertà delle masse e, come tale, non presenta la garanzia necessaria di conservarsi sempre tale o di arrivare alla rivoluzione sociale. La libertà non ha imposizioni esterne. L'esercizio dell'autonomia negli organismi di massa non ha tutori infallibili esterni. Quindi, a misura che l'autonomia apre larghi spazi alla rivoluzione sociale, essa si libera di qualsiasi destino rivoluzionario ineluttabile. Per i comunisti anarchici e per tutti i rivoluzionari corretti non esistono alternative a questo. Come i riformisti non devono poter imporre le compatibilità borghesi agli organismi di massa, così i rivoluzionari non devono volere e poter imporre i loro programmi rivoluzionari da tavolino. Però noi abbiamo un vantaggio sui controrivoluzionari: lo sviluppo e l'esercizio dell'autonomia degli organismi di massa si è storicamente dimostrato un formidabile attore rivoluzionario. Noi infatti non lo temiamo, ma lo propugniamo.

FUNZIONI DEGLI ORGANISMI DI MASSA

Noi comunisti anarchici puntiamo agli organismi di massa con motivazioni molto più ampie e complesse delle forze interclassiste e socialdemocratiche. Basandoci sull'autonomia, accettiamo e propugniamo quattro funzioni storiche fondamentali degli organismi di massa:

  1. difesa e sussistenza nella società di classe;
  2. attacco materiale allo sfruttamento;
  3. costruzione della gestione sociale alternativa;
  4. formazione di coscienza rivoluzionaria libertaria.

Difesa e sussistenza nella società di classe

La prima necessità degli sfruttati è quella di difendersi dallo sfruttamento che rosicchia loro, progressivamente, spazi vitali, cercando di legarli sempre più ed in forme sempre più raffinate alle necessità economiche della classe dominante. Su questa prima funzione di difesa sindacale si basa uno sviluppo corretto degli organismi di massa. Dal punto di vista strettamente economico, si tratta di bloccare e rintuzzare le armi materiali con cui la classe dominante piega i lavoratori. La base su cui uno sfruttato o un gruppo di sfruttati iniziano la strada della lotta sociale non può che essere la difesa dalla crescente alienazione causata dallo sfruttamento. D'altra parte, gli organismi di massa, finché esiste una classe detentrice del potere, devono essere capaci di operare una difesa sindacale rigorosa, per garantire che la classe lavoratrice non venga piegata da un attacco materiale proprio nei momenti in cui la lotta di classe si fa più politica. Possiamo quindi ben dire che la difesa sindacale è veramente la base su cui poggiano gli organismi di massa, in una società di classe. Su questo punto si verifica molto chiaramente la necessità dell'autonomia.

Decidere da cosa e come ci si debba difendere richiede infatti dei requisiti molto precisi che sono:

  • subire le cose da cui difendersi
  • sapere ed essere coscienti dei modi con cui queste cose creano alienazioni
  • scegliere via via i più importanti punti di questa difesa
  • sapere in prima persona cosa si deve assolutamente ottenere e a cosa si può rinunciare
  • conoscere realmente il proprio nemico, le sue armi, la sua forza e la sua debolezza
  • sapere infine la propria forza ed avere la volontà di usarla.

Questi requisiti sono posseduti solo dagli sfruttati che sono gli unici che possono svilupparli ed usarli correttamente. Nessuno, infatti, può conoscere l'alienazione se non la subisce, perché la pura conoscenza dall'esterno non è valida per uno stato -l'alienazione appunto- che non si forma di per sé, fuori dall'individuo, ma che nasce solo dall'incontro di certe condizioni della realtà esterna con le aspettative, la personalità di uno o più individui. Non esiste, quindi, un'alienazione per un individuo il quale non concorra, subendola e reagendovi (positivamente o negativamente, mentalmente o fisicamente), a determinarla. Chi sia vicino alle alienazioni sociali degli sfruttati può solo avere un atteggiamento di solidarietà anche utile e profonda, ma non potrà mai sostituirsi ai proletari nell'essere alienato, nel decidere come difendersi da questo stato.

Anche se la lotta si fa politica, non esiste alcun meccanismo per cui l'alienazione possa venir sentita da non lavoratori; perché se lo scontro si politicizza, è solo per la qualità della lotta contro l'alienazione. Quindi, l'alienazione dello sfruttamento è affare dei soli sfruttati e gli unici che possono reagire sono loro. Questa è un'acquisizione dimostrata dalla realtà. Noi non muoviamo quindi da considerazioni di opportunità, per cui è meglio che siano i lavoratori a difendersi dallo sfruttamento, perché questa posizione comprende anche la possibilità che a lottare e a decidere non siano loro. L'analisi che abbiamo fatto ci costringe a dire che gli sfruttati sono gli unici che possono lottare contro lo sfruttamento. Inoltre, dobbiamo dedurre anche che la posizione di sfruttato è unitaria. Lo sfruttamento c'è o non c'è, prescindendo dalle forme specifiche con cui si esercita. Chi sfruttato non è, solidarizza, ma non per questo possono esistere sfruttati di seconda classe e sfruttati "honoris causa" o per nomina esterna.

Attacco materiale allo sfruttamento

L'attacco materiale allo sfruttamento ricade prima di tutto nell'analisi svolta nel punto precedente. Poi, ci sono da fare alcune importanti considerazioni. Per i comunisti anarchici l'unico processo con cui il proletariato indebolisce e distrugge i meccanismi della società di classe si svolge a partire da luoghi dello sfruttamento. Gli atti che possono spuntare le armi dello sfruttamento e di tutte le sue strutture possono svolgersi soltanto sul terreno dell'alienazione del lavoro, della formazione del plusvalore. Gli unici organismi che possono attuare questo attacco sono gli organismi di massa. C'è poi un altro fatto che dà coerenza a quanto detto finora: se l'attacco allo sfruttamento viene condotto dagli sfruttati, c'è una grossa garanzia della crescita parallela avvenuta nel campo della loro coscienza; perché essi una volta maturata la necessità di passare all'attacco, avranno una solida base su cui sviluppare un nuovo salto di coscienza rivoluzionaria.

Costruzione della gestione sociale alternativa

Gli Organismi di massa devono poter costituire la struttura nascente del governo sociale rivoluzionario. Questo vuol dire tre cose principalmente:

  • necessità dell'estensione capillare degli organismi di massa,
  • necessità della capacità degli stessi di acquisire gradualmente la prospettiva e la possibilità di assumere il controllo e la gestione di tutte le strutture sociali
  • perché i proletari possano assumersi la responsabilità del governo della società con lo strumento della democrazia diretta.

Un governo basato sugli organismi di massa non è un pensiero ardito di una mente, ma l'indicazione pratica dei grandi episodi rivoluzionari proletari.

Quanto detto a proposito della difesa e dell'attacco sindacali ha lo scopo preciso di rendere possibile il passaggio degli organismi di massa da organismi di lotta sindacale a organismi protagonisti del processo rivoluzionario. Questo collegamento dimostra, ancora una volta, il fatto che non muoviamo da considerazioni opportunistiche quando affermiamo che la lotta sindacale deve essere basata sull'azione e decisionalità dirette. Infatti, questo metodo di lotta -già necessario di per sé- diventa anche fine e contenuto alternativo nel momento in cui i proletari cominciano ad usare gli organismi di massa per costituire la nuova società e rendere possibile la partecipazione di tutti i lavoratori alle decisioni. Questa prospettiva apre però dei grossi problemi nel campo della realizzazione pratica. Infatti alla garanzia della possibilità di una crescita politica autonoma si aggiunge la necessità di una crescita politica. Se andiamo al nocciolo della questione, ci accorgiamo però che non è sufficiente proseguire nella logica della lotta sindacale per arrivare senza sbalzi al governo rivoluzionario degli organismi di massa. Finché ci troviamo in una fase di società di classe salda e dominante, possiamo verificare direttamente nella pratica solo un collegamento: quello fra ruolo di sfruttato e protagonista naturale della lotta contro lo sfruttamento. E' una situazione che si presta ad osservazione e verifica diretta in una fase precedente ad una eventuale transizione rivoluzionaria. Inoltre, i problemi della lotta sindacale richiedono un certo tipo di organismo di massa, in base soprattutto alla struttura dello sfruttamento. Quando invece si passa dalle lotte allo sfruttamento alla costruzione di nuove strutture sociali, sentiamo che c'è un gran salto da fare. Salto che noi ricerchiamo soltanto perché i proletari nella loro storia lo hanno fatto. Sappiamo cioè che è necessario perché la rivoluzione sociale avvenga davvero; ma dobbiamo anche sapere che esso richiede un grosso salto di coscienza politica e di capacità operativa degli organismi di massa. C'è il grosso rischio che gli organismi di massa indeboliscano al massimo la società di classe levandole il potere, ma non siano capaci di ricostruire con la necessaria chiarezza e capacità.

Se si avvera questa possibilità, il movimento rivoluzionario va incontro a pesanti sconfitte. Si impone quindi la necessità di studiare a fondo i mezzi e le possibilità perché gli organismi di massa arrivino alla scadenza rivoluzionaria pronti a sostenerla. D'altra parte, dobbiamo prendere atto che, nei suoi tentativi rivoluzionari più famosi, il proletariato è stato capace di compiere questo grande salto. Si è trattato di passare dagli organismi di massa aventi lo scopo di pretendere certe concessioni dal potere centrale dominante ad organismi di massa che costituissero forme di potere (o non potere, come si vuole) diverse da quelle degli sfruttatori, fino a sopprimerlo (questo almeno in linea di tendenza). Possiamo far tesoro di altri avvenimenti importanti come il Biennio Rosso (1919-1920) in Italia, l'esperienza cilena degli anni '70, l'esperienza portoghese del 1974. 

Il Biennio Rosso in Italia ha fatto paura alla borghesia perché i proletari si organizzavano direttamente alla base e si autogestivano, creando subito una struttura produttiva alternativa. Giolitti aveva accettato che il proletariato fosse rappresentato da un partito (o più partiti); ma non accettò che si rappresentasse da sé. Agli organismi di massa si rispose nel modo più chiaro ed indicativo da parte delle forze controrivoluzionarie: negando ad essi gli strumenti della propria autonomia e funzionalità; negando loro qualsiasi funzione politica e trasferendo la decisionalità e l'informazione -con la forza e con l'inganno- ai vertici sindacali e politici. Questa azione fu di gran lunga la più efficace nel tagliare le gambe al proletariato. 

Perché, nel Cile, Unidad Popular (UP) si è sostenuta? E perché poi è caduta? Fuori di questa coalizione socialdemocratica di governo esisteva una forza autonoma che, solo per certi aspetti, si identificava con U.P. stessa. Tutto il movimento degli organismi di massa contadini, operai e municipali ebbe forti divergenze con U.P. e con il sindacato proprio su un punto: se cioè il potere doveva essere delegato allo Stato. Questa forza nascente degli organismi di massa aveva forme e contenuti che non poteva spartire con nessuno: non con la borghesia che stava spodestando, non con U.P. che si appoggiava al popolo, ma non prevedeva che il popolo si autogovernasse. U.P. si mantenne al potere quando già la borghesia non l'appoggiava più perché in quel momento fu appoggiata da questa forza proletaria. E quando U.P. cadde, fu a causa del processo di potere proletario di base che procedeva, malgrado la stessa strategia di U.P. La borghesia reagì perché il proletariato stava già costruendo un potere rivoluzionario, al di fuori degli schemi del potere centrale; e la borghesia vinse perché questo nuovo potere -e non U.P.- non aveva ancora la forza per difendere le proprie conquiste.

Nel Portogallo, la strada rivoluzionaria al socialismo è fallita prima di nascere, ed il perché è semplice: le forze che avevano contribuito alla caduta del fascismo non avevano chiarezza e/o volontà sull'autogoverno proletario di base; d'altra parte il proletariato aveva maturato in forme estremamente primitive ed "ingenue" questa necessità. E' stato compito di tutti i partiti controrivoluzionari - interclassisti e socialdemocratici- spegnere dapprima tutti i fuochi dell'autonomia proletaria degli organismi di massa, per poter in seguito scannarsi sulla via statale alla "democrazia". 

Questi esempi chiarissimi arrivano ai nostri giorni e dimostrano che, dalla Comune di Parigi ad oggi- la via della rivoluzione passa soprattutto attraverso gli organismi di massa proletari e che il proletariato sceglie naturalmente questa via, appena si aprono le possibilità pratiche. Tirando le somme, è storicamente valido il fatto che gli organismi di massa, sulla strada della rivoluzione sociale, siano destinati a fare un salto, a passare cioè da chiedere certe cose, da contrattare e lottare con un potere centrale, con un governo nemico che però riconoscono implicitamente come potere dominante, a sostituire questo governo, ad essere potere (o non-potere), a creare, in positivo, atti socialmente costruttivi. In questa ottica, è necessario che gli organismi di massa affrontino questo passaggio avendone piena coscienza e dandosi, di conseguenza, le capacità operative. Condizioni oggettive necessarie fondamentali sono:

  1. stabilità degli organismi di massa e non sottomissione degli stessi a obiettivi parziali o alle direttive di partito o alla logica statale;
  2. funzionamento pieno della democrazia diretta;
  3. rapporti federativi fra gli organismi di massa più funzionali e funzionanti possibile.

Le condizioni soggettive necessarie vertono sulla coscienza da parte dei proletari degli organismi di massa. Bisogna che noi, per parte nostra, appuntiamo fortemente la nostra attenzione su questo problema, in tutte le strategie e tattiche storiche che andremo ad elaborare, essendo consci della necessità primaria di questo punto. Un altro fatto deriva dall'osservazione della storia: l'importanza che gli organismi di massa si preparino ad una sostituzione del potere statale, graduale, in modo da procedere avendo preparato in anticipo cosa fare e come difendersi, cioè la capacità di governo sociale alternativo e di autodifesa fisica. Questo vuol dire prepararsi in anticipo, o almeno con tempestività, tutte le funzioni necessarie ad esercitare un ruolo sempre più importante, a poterlo difendere dai nemici. Farlo capire ai potenziali alleati. Questo fatto è riportato qui dopo averlo semplicemente derivato dalla storia, soprattutto dagli avvenimenti di lotta più importanti degli anni '70 del XX secolo, che si sono, tra l'altro, dimostrati in linea con il nostro quadro teorico.

Formazione di coscienza rivoluzionaria libertaria

Conseguentemente a quanto detto finora ed a quanto espresso nella Teoria, dobbiamo considerare gli organismi di massa anche e soprattutto come luogo di crescita della coscienza politica dei proletari.

Come cresce questa coscienza politica?

Sappiamo che non esiste alcun automatismo per cui dalla difesa sindacale si possa passare alla coscienza della rivoluzione sociale libertaria.

Sappiamo anche che se non si subisce lo sfruttamento, non si può iniziare quel processo che, partendo dalla lotta sindacale, vada alla lotta rivoluzionaria. Bisogna quindi tener presente questi due punti. Tre sono le conseguenti linee di azione:

  1. funzionamento e scopi elementari degli organismi di massa;
  2. arricchimento del patrimonio politico autonomo degli organismi di massa;
  3. azione dell'organizzazione politica attraverso i suoi militanti che siano componenti naturali degli organismi di massa e attraverso la propaganda politica esplicita.

A) Negli scopi elementari e nei funzionamenti elementari degli organismi di massa esistono già i primi fattori oggettivi di crescita politica per i suoi componenti. E' un primo punto molto importante che caratterizza l'azione dei componenti fin dalle decisioni più semplici.

E' il caso dei punti cardine sull'assemblearismo, la democrazia diretta, il federalismo, l'uso della libera discussione e dell'osservazione pratica, per quanto riguarda il funzionamento; per quanto riguarda invece gli scopi, si tratta della difesa e dell'affermazione naturale degli interessi unitari degli sfruttati, del perseguimento, infine, dell'emancipazione totale degli sfruttati dallo sfruttamento e dall'autorità imposta.

B) A mano che gli organismi di massa fanno esperienze politiche, maturano occasioni per acquisire valutazioni politiche che siano patrimonio degli stessi organismi, con connotati chiari di autonomia.

Questo patrimonio politico deve chiarire, alla luce della pratica, i ruoli delle forze controrivoluzionarie (interclassismo, socialdemocrazia e tradeunionismo) e le necessità che il fronte autonomo di massa si dia questi caratteri necessari ad avanzare contando sulle proprie forze; l'esperienza deve inoltre chiarire gradualmente la necessità della rivoluzione socialista libertaria per eliminare definitivamente lo sfruttamento. Tutti questi insegnamenti hanno un passaggio obbligato: essere digeriti dai compagni degli organismi di massa che li hanno tratti dalla prassi -non personalmente, ma attraverso le lotte collettive fatte dall'organismo stesso- per entrare quindi a far parte del patrimonio politico ufficiale degli organismi stessi e, infine, costituire materiale prezioso per la continua educazione politica dei suoi componenti vecchi e nuovi.

C) La nostra organizzazione politica non ha alcuna autorità sugli organismi di massa autonomi, ma non per questo deve rinunciare ad esprimere correttamente le sue valutazioni. Questo può avvenire attraverso nostri militanti che siano anche componenti naturali degli organismi di massa e attraverso la propaganda dell'organizzazione in quanto tale. Non dimentichiamo inoltre che questi organismi di massa sono il terreno privilegiato da cui possono venir fuori militanti politici, per le ovvie ragioni della posizione sociale dei componenti e dell'impostazione degli stessi organismi di massa. I militanti politici inseriti negli organismi di massa devono tendere in primo luogo a che vada avanti e funzioni correttamente quanto prospettato in A) e B). In secondo luogo, essi devono esprimere la loro idea politica legandola coerentemente alle esperienze dell'organismo di massa.

L'organizzazione politica invece deve fare dall'esterno questo lavoro puntando a due scopi:

  • trasfondere gradualmente e coerentemente -usando la convinzione e la dimostrazione e non il ricatto e l'imposizione- la nostra coscienza politica nei componenti naturali degli organismi di massa;
  • far diventare il più possibile di questi componenti militanti politici dell'organizzazione.

Precedentemente abbiamo parlato di interscambio fra organizzazioni politiche e organismi di massa. Ma, a giudicare da quanto detto appena sopra, può sembrare che l'unico problema affrontato realmente sia quello di un travaso di coscienza politica dall'organizzazione politica dei comunisti anarchici agli organismi di massa.

Ma non è così, per due ordini di ragioni.

Prima di tutto, lo scopo della organizzazione politica è solo quello di fornire agli organismi di massa i frutti della coscienza storica del proletariato rivoluzionario, (che non comprendono anche la linea dettagliata della transizione rivoluzionaria), che devono servire agli attuali organismi di massa. Essi devono servirsi della coscienza storica propostagli dall'organizzazione politica, per confrontarla liberamente con la propria coscienza e le proprie necessità, e valutarle in questo quadro. Gli organismi di massa devono infatti avere delle proprie capacità autonome di valutazione politica. Inoltre, essi, oltre che in sede di valutazione e confronto, sono liberi anche in sede di decisione operativa, non avendo -a priori- alcun legame istituzionale con l'organizzazione politica.

Il secondo ordine di ragioni riguarda il fatto che l'organizzazione politica deve anche saper apprendere dagli organismi di massa. Questo perché i militanti politici non sono il proletariato, ma ne fanno parte; loro compito è anche quello di confrontare continuamente la propria visione politica complessiva con le esperienze attuali della classe. Inoltre un altro compito fondamentale dell'organizzazione politica è quello di propagandare e porre le condizioni per l'estendersi delle esperienze degli organismi di massa autonomi.

L'interscambio consiste proprio nell'imparare l'uno dall'altro e nel sostenersi l'un l'altro -per decisioni autonome- nella misura in cui ognuna delle due organizzazioni trova omogeneità e complementarietà fra la sua coscienza e conoscenza e quelle dell'altra.

E' un interscambio che ognuna delle due organizzazioni deve conquistarsi con la coerenza, ma che può non esistere o interrompersi per diverse ragioni.

Questo anche perché l'organismo di massa nasce su basi del tutto diverse da quelle dell'organizzazione politica.

(documento assunto al 1° Congresso della FdCA del 1985)